David de simone biography books
Nina Simone: The Biography
December 9, 2011
Forse ci sarebbe voluta la penna limpida e rabbiosa di una Toni Morrison -tra l'altro sua grande amica- per riuscire a contenere tutto il debordante mondo di una delle più grandi musiciste del secolo scorso (e chi la nega, la sua grandezza, son pronto a sfidarlo a duello stanotte dietro il convento delle Carmelitane Scalze), da questa parte dell'oceano, purtroppo, conosciuta ai più solo per l'irritante uso che la Chanel ha fatto della sua interpretazione di My Baby Just Care For Me (che la stessa Simone definirà come la cosa più idiota e inoffensiva che abbia mai inciso)- invece ci tocca questo insipiente David Brun Lambert - Carneade? che era costui? - che sta al jazz, al giornalismo e al buon senso come io alla fisica delle particelle.
Ci son sparse ovunque bellissime perle di pura stolidità, una per tutte, nelle prime pagine, Sara Vaughan diventa una famosa "pianista", unite ad altrettante perle di insipienza di traduzione (Dio li fa e poi l'accoppia): progressioni armoniche che diventano misteriosi "suoni progressivi"; mancanza assoluta di fonti, laddove i biografi americani ci hanno abituato a interviste anche ai compagni di banco della terza elementare e al pizzicagnolo dietro l'angolo, qui c'è invece solo un rubar a piene mani da stralci dell'autobiografia pubblicata dalla stessa musicista; analisi discografiche di banalità esaperante; un florilegio di luoghi comuni intorno a razza e sesso e psicologia di terza mano. Non c'è nulla di Nina Simone qui, né la sua capacità unica di sintesi musicale -la sola in grado di cucire in modo naturale una pentatonica a Rachmaninov nel giro di poche battute - né il suo spirito di radicale rinnovamento nell'ambito di una tradizione consolidata. Niente di niente. Puro revisonismo culturale che, alla fine, fa sembrare la vita e l'arte di una musicista tanto originale e innovativa equiparabile a quella di una qualunque nevrotica rockstar del ciufolo. Quanto mi fa incazzare 'sto Brun Lambert, quasi quasi attendo lui dietro il Convento delle Carmelitane Scalze.
Ci son sparse ovunque bellissime perle di pura stolidità, una per tutte, nelle prime pagine, Sara Vaughan diventa una famosa "pianista", unite ad altrettante perle di insipienza di traduzione (Dio li fa e poi l'accoppia): progressioni armoniche che diventano misteriosi "suoni progressivi"; mancanza assoluta di fonti, laddove i biografi americani ci hanno abituato a interviste anche ai compagni di banco della terza elementare e al pizzicagnolo dietro l'angolo, qui c'è invece solo un rubar a piene mani da stralci dell'autobiografia pubblicata dalla stessa musicista; analisi discografiche di banalità esaperante; un florilegio di luoghi comuni intorno a razza e sesso e psicologia di terza mano. Non c'è nulla di Nina Simone qui, né la sua capacità unica di sintesi musicale -la sola in grado di cucire in modo naturale una pentatonica a Rachmaninov nel giro di poche battute - né il suo spirito di radicale rinnovamento nell'ambito di una tradizione consolidata. Niente di niente. Puro revisonismo culturale che, alla fine, fa sembrare la vita e l'arte di una musicista tanto originale e innovativa equiparabile a quella di una qualunque nevrotica rockstar del ciufolo. Quanto mi fa incazzare 'sto Brun Lambert, quasi quasi attendo lui dietro il Convento delle Carmelitane Scalze.